Benvenuti nel Sito della Dott.ssa Rosa Iannone Psicologa, Psicoterapeuta
 

A che serve il dolore se non a vincere il dolore?

DoloreIl dolore. Tematica con cui ogni persona (il paziente) si presenta a quell’appuntamento con noi. Quell’appuntamento giammai immaginato prima di arrivare a quella condizione di dolore: da un lato quelle collegate a trauma psichico, lutto e svariati eventi di vita che possono condurre a sensazioni di perdita, dall’altro sofferenza, malattia e dolore fisico che possono portare a modalità reattive per cui si sviluppano condizioni di ansia, panico, fobie, depressione, disturbi dell’alimentazione ed altre forme di patologia o disagio psichico.
E noi terapeuti come ci poniamo di fronte al dolore dell’altra persona? Come sosteniamo l’ingombrante tumulto del suo dolore e come lo soccorriamo ed accompagniamo nel suo processo di sollievo dal tormento?
In realtà siamo due pellegrini della vita e abbiamo sicuramente anche sulla nostra pelle sbrindelli e lacerazioni dovuti a tagli della vita. Quindi come farci carico di quella condizione altrui?
Forse due passaggi sono essenziali:
-da un lato, tramite il nostro personale dolore possiamo fare esperienza di profonda empatia e sentire dal di dentro l’altro,
-e dall’altro lato aver cercato e trovato una propria via esistenziale per governare le nostre sofferenze. Una via in cui confluisca e che integri la componente emotiva, razionale, fisiologica, una via che diventi una chiave di accesso per attraversare quella “lesione”.
Non si tratta solo di resilienza, di sopportazione, di accettazione, né di meccanismi di difesa quale negazione o rimozione, non si tratta nemmeno di compatimento di sé o di mettere quell’onere emotivo all’ angolo come un rifiuto e attendere che il tempo lo smaltisca come un elemento biodegradabile.
La definizione stessa di dolore, data dalla IASP (International Association for the Study of Pain), mette in rilievo la sua componente esperienziale e cognitivo/affettiva e lo definisce un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole descritta ed associata ad un danno in atto o potenziale. Quindi in realtà la categoria “tempo” non è potenzialmente guaritrice ma la persistenza della stessa condizione di dolore può sviluppare nel tempo un danno d’organo o psichico irreversibile.
D’altra parte, però, è anche scientificamente dimostrato che l’organismo stesso può produrre processi di autoguarigione e quindi che il fattore tempo possa agire come processo benefico.
Sempre che abbiamo trovato la “via”.
Va considerata la complessità della fisiologia del dolore, che coinvolge una componente percettiva (componente neurologica) componente che trasporta lo stimolo doloroso dalla periferia alla corteccia cerebrale mediante le vie spino-talamiche e una componente esperienziale del dolore (componente psichica), responsabile della valutazione critica dell’impulso algogeno, grazie a strutture situate nella corteccia cerebrale e nella formazione reticolare vengono discriminate intensità, qualità e il punto di provenienza dello stimolo nocivo; strutture da cui vengono modulate le risposte reattive; inoltre interviene una componente affettiva per cui l’esperienza del dolore è vissuta come transitoria o permanente, nociva e fortemente lesiva o meno, determinata anche da esperienze passate (quindi da un filtro interno che può essere integro o già saturo di esperienze negative) e da fattori socio-culturali.
Vista la complessità che sottende all’esperienza “dolore” anche per un processo di autoguarigione sono implicate più funzioni dell’organismo e diversi funzionamenti e meccanismi perché l’organismo stesso compia quello che può apparire un miracolo: il superamento del dolore.
Infatti, l’Autoguarigione è la capacità dell’organismo di guarire da sé, di autoripararsi, quindi un debellamento della malattia provocato da capacità reattive dell’organismo.
In realtà è ciò che l’organismo fa continuamente di fronte a virus, batteri, tossine endogene, una intelligenza interna che ci protegge.
Ippocrate aveva definito questi meccanismi salva vita “vis medicatris naturae”, cioè forza medicatrice della natura.
In particolare, è responsabile di tale processo il ramo autonomo del sistema nervoso centrale (il sistema neurovegetativo) in contatto con sistema endocrino ed immunitario esso innesca meccanismi che agiscono sulle citochine infiammatorie e di conseguenza viene attivato un meccanismo di fuga dalla malattia.
Gli studi delle neuroscienze, della Pnei (disciplina che studia le interrelazioni tra psiche, sistema immunitario, endocrino e nervoso) e del Neofunzionalismo ci hanno mostrato come il nostro organismo sia un sistema integrato di sistemi e pertanto tra di essi collegati.
Lo stress cronico, che è una reazione complessa e a lunga durata produce neurotrasmettitori, tra cui cortisolo e adrenalina, che in quantità eccessive influiscono negativamente sulla produzione di quelle proteine che hanno funzione di riparare e proteggere il corpo fino a modificare in senso negativo il Dna.
Entra in ballo il ruolo delle modalità e strategia di difesa di tipo più evoluto: quelle non solo indotte dalla biologia ma dal personale adattamento al contesto (inter ed intra soggettivo), tali personali modalità possono interagire con le leggi biologiche e produrre sostanze benefiche quali endorfine e dopamina.
La secrezione di tali sostanze funziona come una sorta di farmacia interna, i cui effetti sono di calma, piacere, tranquillità, e inoltre inibiscono la produzione di sostanze chimiche tossiche e spazzatura emotiva.
Le circostanti favorenti di messa in circolo di sostanze quali citochine, serotonina, dopamina, sono attivate dal sistema limbico e rafforzati da uno status psichico creativo, ad esempio dallo stile di vita ed il vissuto emotivo, quindi dalla tendenza ad essere positivi anche nelle condizioni critiche, da una condizione di buona autostima e sensazione di autoefficacia, dalla preghiera, dalla meditazione, dall’eliminazione di smoderatezze alimentari, dall’abuso di sostanze nocive per l’organismo, e soprattutto dall’acquisizione di valori interiori, credenze pacifiche, remissione della rabbia persistente, meccanismi interni che diventano un modo di funzionare, cioè di muoversi nel mondo.
Georg Groddeck, medico e psicoanalista, padre della moderna psicosomatica, all’inizio del ‘900 descrisse le capacità del corpo umano di ripararsi da sé in seguito a malattia. Groddeck riteneva che i nodi da sciogliere per sconfiggere la malattia si trovassero nella parte razionale del cervello, la quale doveva essere ridimensionata per permettere all’energia vitale (ES) di emergere e riparare il corpo. Nel suo libro, Nasamecu, acronimo ippocratico di “natura sanat medico curat”, egli fornisce delle indicazioni tendenti a tale scopo.
Condizioni che favoriscono e provocano uno stato di caos e disarmonia del biochimismo corporeo allontanano l’organismo dall’ascolto dei suoi veri e profondi bisogni, così che diviene incapace di accogliere le sensazioni reali.
Prevale e predomina il piano o, cosiddetto, cervello razionale sui piani emotivo e quello delle sensazioni (cervello limbico), e questo crea le condizioni per l’instaurarsi di un assetto neurochimico tipico dell’ansia e degli attacchi di panico. Molti stati depressivi, stati ansiogeni trovano soluzione nella psicoterapia anche in tempi brevi se aiutati all’ascolto dei propri bisogni e al ripristino di capacità vitali, di una capacità di sentire e percepire sensazioni reali e non inquinate, di poter stupirsi di fronte ad elementi semplici o eventi non eccezionali e di poterne godere.
Come ho già accennato, spesso manifestazioni psicosomatiche sono supportate da un’iperattività del sistema nervoso autonomo simpatico. Un forte autocontrollo persistente, ad esempio produce stress patogeno perché diviene stato dell’organismo di allarme cronico e pertanto produce molecole che indeboliscono il nostro “sistema salute”.
Il cortisolo, ormone dello stress, e l’adrenalina, sono le molecole responsabili, se prodotte in eccesso e per molto tempo, dell’indebolimento del sistema immunitario, cardiovascolare, gastrointestinale. Esse provocano anche riduzione dei globuli bianchi predisponendo ad un aumentato rischio di malattie (virali, batteriche) e innalzano il rischio di ictus e infarto del miocardio.
È possibile allontanarsi da questi pericoli, attraverso la “riprogrammazione” del proprio funzionamento complessivo: essere in sintonia con i propri bisogni e quindi con sé stessi, essere liberi di esprimere emozioni, ridere ed esprimere la propria vitalità, la propria gioia, il proprio piacere, meditare, coltivare interessi e passioni, utilizzare la creatività, favorisce la salute, e tutte queste condizioni, capacità e funzionamenti promuovono anche empatia.
La psicoterapia, l’aiuto psicologico, si potrebbe così avvalere della caratteristica dell’empatia, che in accordo a ciò che teorizza Enzo Soresi, ricercatore, autore de “il cervello anarchico”, studiando delle remissioni spontanee di malattie serie, propone la tesi dello “shock carismatico”, un cambiamento profondo dello stato mentale della persona quando incontra un soggetto molto carismatico.
Questa risorsa umana trova riscontro anche nell’ effetto placebo, riconducibile ad una modificazione biochimica del cervello generata dalla fiducia nel farmaco da parte del paziente.
Il terapeuta, che ha cercato una “via personale al dolore”, può aiutare non solo con le sue conoscenze, la sua cornice teorica ma anche empaticamente il suo paziente e fargli da rispecchiamento per il fronteggiamento di quella condizione umana imprescindibile che è il dolore.
La psiche con i suoi processi, il pensiero, la coscienza, le emozioni sono elementi compresenti in ogni processo nervoso, endocrino ed immunitario.
Fondamentale diviene il life style basato su un maggior contatto con la propria interiorità, sull’ascolto dei bisogni primari, sul fermarsi più di frequente, sull’ assumere una visione in favore di una esistenza più piena di sensazioni da cogliere e godere, su una prospettiva più ampia che trascende ciò che appare visibile, una visione allargata ad un senso di vita non solo spicciolo.
Una visione diversa da quella del lamento o della rabbia, della vendetta di una condizione di dolore per gli eventi di vita, una visione che non contempli solo la connotazione di un fardello da affrontare e metabolizzare, ma che comporti “un’azione riflessiva virtuosa volontaria” in grado di generare una sorta di revisione interiore di sé.
Il processo di cicatrizzazione dipende anche dalla capacità di dare un ingresso al dolore in noi.
Non certo inteso come auspicio di esso ma come un sasso sul nostro cammino, che va spostato sì, ma che si può anche utilizzare come pietra miliare per costruire una nuova casa.
Ritrovare un nuovo equilibrio e, nel nostro ruolo di psicoterapeuti, trovare in quella nostra casa interiore, la possibilità di aiutare l’altro nel suo dolore.
Un aiuto nell’abbattere convinzioni, schemi mentali e la tendenza al ruminìo della mente, ad individuare veri bisogni e liberarsi da falsi obiettivi che attivano un’operatività ossessiva, alla possibilità di riaprire ed utilizzare capacità e funzionamenti poco sviluppati per raggiungere uno stato di armonia con sé stessi, con gli altri, con il divino in noi, è un percorso unico e personale di sublimare il dolore, inevitabile compagno di vita per ciascun essere umano.
Questo potrebbe essere concepito di volta in volta il nostro cammino insieme al paziente.

AUTHOR - Rosa Iannone

Psicologa e Psicoterapeuta Funzionale. Didatta Scuola Europea Psicoterapia Funzionale SEF. Vicepresidente SIF Soc. Italiana Psicoterapia Funzionale. Ha una lunga esperienza in attività clinica e in psicodiagnosi. Da anni si occupa delle patologie collegate allo stress cronico, nella comprensione, prevenzione e trattamento. Ha approfondito l'argomento attraverso studi, ricerche e partecipazione a congressi internazionali in cui è stata anche relatrice. Didatta di materie psicologiche e di psicoterapia. Riceve a Napoli e Foggia.